Nel luglio di quest'anno è stato inaugurato a Messina un busto allo slavista Pietro Zveteremich e gli sono state dedicate iniziative culturali e artistiche. Riproponiamo questo articolo apparso nel primo numero de "La Cricca", scritto in occasione del ventesimo anniversario della morte

Zveteremich
è entrato nella storia della slavistica per la traduzione, prima al
mondo, de Il
Dottor
Zivago e
per il ruolo svolto nella decisione della Feltrinelli di pubblicare
quest'opera, nonostante le fortissime pressioni politiche in senso
contrario. Ma non solo, Zveteremich all'inizio degli anni '70 si rese
autore di una beffa editoriale che ha dell'incredibile: scrisse e
pubblicò un romanzo scandalo, Le notti di Mosca, sotto
pseudonimo, spacciandosi per uno scrittore russo del samizdat. Ci fu
grande “rumore”, ma nessuno si accorse dell'inganno. Fu lo stesso
Zveteremich, venti anni dopo, in una nuova edizione in italiano
del romanzo a rivelare i retroscena dell'operazione

Ma
tutte queste competenze non costituirono vanto nella sua attività di
docenza, che si svolse a Messina nel silenzio e nell'operosità,
volta solo a dare il meglio di sé agli studenti. Io fui fra quelli.
Per lo più avevamo un'idea molto vaga di suoi meriti editoriali, ma
riconoscevamo in lui un maestro insuperabile di letteratura;
rimanevamo incantati dalle sue lezioni, per l'ampio respiro che esse
avevano e al contempo per il desiderio che riuscivano ad iniettare di
voler approfondire, sapere, leggere ed ancora leggere... Zveteremich
seppe trasmetterci un amore straordinario per la sconfinata cultura
russa.

Mi
chiedevo qualche giorno fa, cosa rimane oggi dell'attività di questo
grande studioso. Zveteremich non fu molto amato negli ambienti
italiani filorusso-sovietici del suo tempo. Troppo critico, troppo
indipendente, troppo irriducibile, fino al limite della blasfemia
politico-sociale con Le notti di
Mosca. Eppure i suoi allievi, ma anche i semplici lettori
delle sue opere non hanno assaggiato nulla di “antirusso”, di
pregiudizialmente antirusso, al contrario hanno assorbito un amore
sotterraneo, inespresso, ma profondamente radicato verso l'alterità
russa, verso la specificità russa, verso una ricchezza multiforme
spesso non riconosciuta
Non
possiamo dire se questo suo atteggiamento sia stata una scelta
voluta, sta di fatto che molti di quegli studenti messinesi ci
ritroviamo ancora a parlare di lui, abbiamo opinioni diverse sulla
Russia postsovietica e non sappiamo cosa Zveteremich ne penserebbe
oggi, per esemplificare, di Putin. Ma quello che più conta è che
Zveteremich continua a farci pensare alla Russia senza romanticismi,
senza idealismi, ma al contempo, con una passione che ci lascia
distanti anni luce dall'immagine della Russia trasmessaci dal main
stream mediatico e da un'editoria al novanta per
cento allineata a quella della moda corrente, dove la negatività è
la notizia e il resto non esiste. Infatti il messaggio per niente
subliminale che quotidianamente ci arriva è pressapoco questo: “cosa
può mai venire di buono da “quel” paese, attaccato al suo
passato e fin troppo asiatico in molte sue dimensioni e per questo
così restio ad assimilarsi ai valori indiscutibili della
civilizzazione occidentale?” Zveteremich ci ha insegnato a produrre
gli anticorpi alle propagande, da qualunque parte esse provengano.
Suggerendoci che c'è sempre un'altra storia...
Giuseppe
Iannello
Messina, 3 ottobre 2012
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