sabato 5 dicembre 2015

ACCADE ALL'UNIVERSITÀ

Graduatorie per docenze accademiche prive di punteggio; solo opinioni. E candidati dimenticati

Andate a dare un'occhiata - ci suggeriscono – e vi renderete conto voi stessi. All'università di Messina, graduatorie senza punteggi, basate su opinioni e giudizi discrezionali. E gli occhi hanno confermato ciò che avevamo udito. Verba volant, ma scripta manent ci sarebbe da dire.
Si tratta della selezione pubblica per titoli di contratti a titolo oneroso ex art. 23 L.240/2010 per insegnamenti scoperti, per lo più della durata di alcune decine d'ore. “Onerosi” si fa per dire perché prevedono una retribuzione di 40 euro lorde per ora, che al netto si dimezzano: insomma docenze universitarie pagate meno di quelle in un corso di recupero nelle scuole. Quindi nessuna prospettiva d'arricchimento dietro l'angolo, se non quella di rimpinguare il proprio curriculum con qualche “stellina” in più.
I verbali relativi pubblicati on line dalle commissioni giudicatrici si riferiscono al momento, per la maggior parte, ad insegnamenti impartiti al DICAM (Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne): almeno cinque, di quelli da noi presi in visione, risultano completamenti privi di valutazioni in termini di punteggio. In due, nessuno dei candidati viene ritenuto idoneo e negli altri tre invece si stila una graduatoria in termini di primi e secondi classificati senza attribuire loro nessun punteggio. Com'è possibile? Se lo chiede addirittura un membro stesso della commissioni che fa mettere in coda al verbale la seguente dichiarazione: il commissario “ritiene doveroso di aggiungere al verbale che si dissocia dalle decisioni della commissione in quanto la mancata assegnazione del punteggio non consente di rendere trasparenti gli esiti della procedura di giudizio e presentare un quadro che sia un insieme equo ed obiettivo della posizione di ogni singolo candidato”
Siamo alla frutta. Si agisce in modo del tutto discutibile e lo si mette pure a verbale. Sicuramente il commissario lo avrà fatto per tutelarsi dagli inevitabili ricorsi e per una questione di decoro professionale; ma il dipartimento, l'università, come possono permettersi di affermare pubblicamente e tranquillamente: “abbiamo fatto le cose alla carlona”?
E' vero, la commissione giudicatrice implicata ha stilato un giudizio articolato sui curriculum vitae presentati dei candidati, ma in termini discorsivi e soggettivi da fare venire i brividi. Eppure l'art. 4 del bando era chiaro: “costituiscono, in ogni caso, titoli da valutare ai fini della selezione, purché pertinenti all'attività da svolgere: (in ordine) attività didattica già maturata in ambito accademico, titoli di studio e professionali, eventuali pubblicazioni”
Nei verbali con la dichiarazione del “dissociato” (sono ben tre) la commissione, prima di iniziare l'esamina dei titoli prodotti, dichiara di prendere atto della proposta del commissario di adottare un punteggio, come se fosse un optional, e poi prosegue per la sua strada…, inoltrandosi nei meandri dei giudizi sui percorsi di ricerca dei candidati e sulla valutazione comparativa di decine di pubblicazioni, arrivando nello spazio di una mezz'oretta a leggersi le opere prodotte, a discuterne e a scriverne un giudizio. “Questo secondo noi è più bravo questo meno”: al diavolo i punti, gli anni di docenza universitaria, i titoli. Le griglie di valutazione andranno bene per la scuola, dove ne viene richiesta una ad ogni passo, prossima anche quella per dare all'alunno il permesso per andare in bagno. All'università prevale invece il “buon senso”: cosa c'è di meglio d'un bel giudizio, come quello che si metteva una volta a scuola nel foglio protocollo, dietro, per i temi in classe?
Un'università “vecchio stile”, si dirà... Intanto mentre finiamo di scrivere ci giunge la notizia che “quelle” graduatorie hanno un altro tratto caratteristico: sono prive del nome di qualche candidato che, pur avendo in mano la ricevuta della PEC (Posta Elettronica Certificata) contenente la domanda inviata, non si ritrova neanche citato nei verbali. Sarà vero? Si tratterebbe della famigerata ciliegina sulla torta.

Edoardo Mercalli

articolo pubblicato su "Centonove" del 3 dicembre 2015