sabato 3 ottobre 2015

LA PIANA SPIEGA I MOTIVI DELLA “RINUNZIA”

Lo reazione ragionata di un cittadino molto poco convinto dalla conferenza stampa di addio del vescovo della sua città
E così il pastore ha lasciato il suo gregge. L’arcivescovo di Messina ha annunciato il 24 settembre, nel corso dell’Assemblea del clero, le sue dimissioni (poi confermate nella conferenza stampa del 26), ufficialmente per motivi di salute (ai sensi del comma 2 del canone 401 del Codice di diritto canonico, che prevede come “il Vescovo diocesano che per infermità o altra grave causa risultasse meno idoneo all’adempimento del suo ufficio, è vivamente invitato a presentare la rinuncia all’ufficio”). Davvero strano che i poteri forti cittadini, rappresentati soprattutto da certa stampa, siano stati colti di sorpresa come un fulmine a ciel sereno: possibile che non si fossero accorti davvero che qualcosa non andava nella conduzione della Diocesi? Qualcuno ha pensato, forse per giustificarsi, di mandare in onda scorci dell’intervista al predecessore di La Piana, Giovanni Marra, che ha dichiarato di averlo incontrato la settimana precedente al San Tommaso e che nulla lasciava presagire questa decisione, dovuta probabilmente a “malessere fisico e forse morale”. 

E pensare che La Piana nella sua conferenza stampa se l’è presa proprio con la stampa (però solo quella on-line), chiamata “ignorante e presuntuosa”, “costruttrice di falsità e di menzogne”, fatta di “raccoglitori e spargitori di fango”. Proprio quella stampa sul web che più volte ha messo in rilievo le sue continue beghe con i confratelli, i suoi forti scontri verbali con essi, il suo comportamento dittatoriale, oltre a certi lati oscuri dell’amministrazione: in particolare, alcune testate locali hanno riportato indiscrezioni relative alle condizioni economiche dissestate dell’Arcivescovato, con un buco che sarebbe milionario. Rumors, voci non confermate e ipotesi che non hanno mancato e non mancano ancora di provocare lo scompiglio nel mondo ecclesiastico locale.
Ultimamente, ad esempio, una serie di articoli pubblicati su Linkiesta.it aveva messo in luce il caso di Tirreno Ambiente che ha portato all’arresto di Salvatore Bucolo, sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea, e ha costretto alle dimissioni, pur se non indagato, don Giuseppe Brancato, capo della Caritas messinese; mentre non sembra un caso che Antonia De Domenico, attuale presidente di Tirreno Ambiente, sia sorella di Francesco De Domenico, presidente della Banca Antonello da Messina, un credito cooperativo tra i cui soci c’è pure, dal 2002, proprio la diocesi. Indizi, certo, ma siccome altri ce ne sono o c’è una congiura (magari massonica, chissà!) oppure… Qui non si tratta, come La Piana ha detto, di “scambiare lucciole per lanterne” perché occorrerebbe che in una Chiesa che vuole veramente essere maestra e soprattutto “povera”, come vuole Papa Francesco, non ci fossero nemmeno le lucciole.
E a proposito di bilanci, è risultata piuttosto semplicistica l’affermazione da parte del presule che in tutte le famiglie ci sono “momenti di crisi”, ma che parlare di “ammanchi” è fuori luogo. Ci verrebbe da chiedergli se proprio per sanare un bilancio dissestato sia scattata da diverso tempo da parte della Diocesi la locale “spending review” che, come altrove abbiamo scritto, ha portato non solo al ritardato pagamento degli stipendi ai docenti, ma poi alla chiusura pratica dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Maria della Lettera” di Messina (con l’annessa biblioteca rimodernata da poco, con un lavoro encomiabile, da un laico, che, posto che mai fosse stato assunto, è stato ovviamente licenziato); e all’incameramento da parte della Curia di una somma da parte dei Rogazionisti in cambio della vergognosa chiusura della “Casa del clero”.
Il prelato ha insistito molto, dal canto suo, sul fatto che la sua non è stata una “rinunzia”, ma “la grazia di essere sollevato dal suo incarico”, avanzata per lettera al Santo Padre addirittura il 16 maggio; e non una “rimozione”, cioè quella in base alla quale viene inviato dalla Santa Sede un Visitatore Apostolico, per verificare se i disordini e le varie problematiche segnalate nella diocesi sono vere o false. In sostanza, se ne va - ha detto con voce spezzata e tremante - solo perché il suo fisico, per la fragilità dell’attuale condizione, non ce la fa più a reggere l’impegnativa missione alla quale era stato chiamato da Benedetto XVI nel momento della sua nomina a Messina. Ha aggiunto che da alcuni anni cercava di resistere, incoraggiato in ciò da chi gli viveva accanto, senza curarsi del proprio fisico, rinunziando ad analisi ed esami ed anche a periodi di riposo di cui avrebbe potuto usufruire facilmente accettando gli inviti a viaggiare che gli pervenivano da varie parti del mondo: tutto solo per “servire” anima e corpo questa Diocesi, ormai troppo grande e pesante per lui, per “paura” di lasciare la comunità. 
 
Se questa è la vera motivazione delle dimissioni, accettate a Roma il 7 settembre quando ha detto di esser stato lì convocato (e non una pressione, ai fini di un’uscita soft, esercitata dall’alto su di lui in seguito all’ampio dossier di lamentele accumulatosi in Vaticano sul suo operato ad opera di un’ampia parte della chiesa locale), una colpa, comunque, La Piana ce l’ha di sicuro ed è quella di aver atteso troppo (lui dice “anni”) senza curarsi del “progressivo calo” della tenuta fisica della sua persona, di questo suo male oscuro, fisico o di spirito che sia, che gli impedisce, per esempio, di “presenziare alle processioni (basti ricordare le polemiche sul fatto che nel giorno della Vara egli abbia impartito la benedizione e dato il suo messaggio dall’alto del Palazzo Arcivescovile, prima della “girata”) e, più in generale, di reggere il peso di una giornata fitta d’impegni.
 
Ha dimostrato di non aver compreso, se non molto tardi, di scaricare così i suoi problemi sulla diocesi, ridotta dal suo stesso operato, ondivago e incapace di sostenere il suo ruolo e di indicare una rotta, ad uno scontro continuo tra fazioni. Gli si può, insomma, rimproverare di non aver tratto quando doveva, molto prima, le stesse conclusioni che gli servono ora per giustificarsi: allora sì che avrebbe dimostrato con “senso di responsabilità”, onestà e grande amore per la Chiesa.
  E quanto alla denunzia di una società caratterizzata da menzogna, arrivismo, ricerca del proprio interesse, corruzione, è proprio sicuro Monsignore che dentro di essa ci siano solo i giornalisti?

Felice Irrera

Se La Piana… non appiana

  [servizio pubblicato per "Centonove" del 24 settembre, 2015]

L’arcivescovo sopprime la “Casa del clero” e chiude l’Istituto Superiore di Scienze religiose “S. Maria della lettera”. Da giovane prete salesiano era molto amato, ora è sempre più contestato da clero e laici della diocesi, che lo “accusano” di perseverare nei suoi errori e scoraggiare qualunque tipo di iniziativa. Ecco perché

MESSINA. Era molto amato, quando, da giovane prete salesiano, don Lillo bene interpretava il carisma di don Bosco stando vicino ai giovani, organizzando, partecipando, animando le attività del movimento giovanile salesiano, dimostrando una forte carica d’umanità. Oggi quella stessa persona, mons. Calogero La Piana, nativo della provincia di Caltanissetta, meccanico tornitore e poi diplomato allo Scientifico, arcivescovo di Messina dal 18 novembre 2006 (le male lingue dicono per sponsorizzazione del salesiano allora segretario di Stato, Tarcisio Bertone), sembra molto cambiata, come dimostrano le contestazioni alle quali è sottoposto ormai da tempo da tanta parte del clero e di fedeli laici su varie questioni.
Prendiamo, per esempio, la polemica sulla soppressione della “Casa del clero”, voluta da mons. Angelo Paino per i sacerdoti anziani invalidi, conclusasi con l’incameramento, in verità assai poco redditizio, di una somma da parte della Curia (v. riquadro). O l’ultima, quella della liquidazione di “S. Maria della Lettera”, Istituto Superiore di Scienze religiose collegato alla facoltà teologica di Sicilia con una convenzione del 15 novembre 2006, auspice l’allora arcivescovo di Messina mons. Giovanni Marra. Non si può fare a meno di pensare, in questo caso, senza voler cercare il pelo nell’uovo, che chi, come La Piana, ha studiato, si è laureato e ha poi lavorato per molti anni da animatore liturgico e spirituale e da docente all’Istituto Teologico “San Tommaso” (aggregato alla Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana di Roma), che ha pure diretto per dieci anni, ha considerato, assai poco cristianamente, un grave torto quello della nascita di tale nuova “concorrenza”, per di più pochi giorni prima del suo insediamento episcopale.
E allora, sempre poco cristianamente, sono cominciate subito le ripicche (come il ritardato pagamento degli stipendi dei docenti); la propaganda volutamente negativa; i boicottaggi nelle iscrizioni al “S. Maria della Lettera”, che proseguiva, negli stessi locali dei Gesuiti i quali all’ “Ignatianum” si erano occupati della formazione religiosa dei laici, mirata anche all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole; la chiusura della biblioteca con il licenziamento dell’addetto laico che ne aveva curato l’ordinamento e l’informatizzazione. Eppure, massicce erano state le adesioni da parte dei laici, tanto che nel primo quadriennio si erano avuti mediamente circa trecento iscritti.
Ma tale successo fu vissuto da sempre dai Salesiani come un elemento di disturbo al loro quoziente di alunnato, per cui ecco l’arcivescovo salesiano, che aveva pur sempre contrastato tale successo con una costante opposizione formale e sostanziale, continuare a scoraggiare ogni iniziativa e attività del “S. Maria della Lettera”, mortificare il servizio prestato in essa da parte dei docenti, fino alla sua attuale ultima determinazione, quella di spogliare, “motu proprio”, l’Istituto della sua dotazione economica e di sospendere le iscrizioni per l’anno accademico 2015-16, dichiarando così, di fatto, la sua soppressione e provocando la sacrosanta reazione di laici e clero che stanno preparando una lettera con la richiesta di ispezione alla diocesi, indirizzata al Papa. Perché tutto ciò? Non è questo che l’ultimo tassello della delusione provata dai fedeli messinesi riguardo l’attesa che La Piana, come presule di Messina, città che ben conosceva, parlasse, gridasse, soprattutto agisse di fronte al degrado della città risvegliando le coscienze dei responsabili civili e politici, difendendo i diritti dei bisognosi, alleviando le sofferenze degli emarginati: l’attesa è, invece, rimasta tale e gli interventi di monsignore si sono limitati soltanto a stereotipati interventi verbali.
Eppure, “santità, comunione e servizio” erano state le priorità da lui subito indicate all’arrivo a Messina Chi regna religiosamente su 500.000 fedeli e 250 parrocchie può davvero far molto, con umiltà di pastore che serve la città e non se ne serve come viene rimproverato a tanti politici locali. Magari cominciando daccapo e facendo dimenticare episodi che non gli fanno onore, come il tentativo di speculazione edilizia, aspramente criticato da molti messinesi, a proposito delle aree attigue al Santuario di Montalto; o l’autorizzazione nel 2009 concessa alla Fondazione “Bonino-Pulejo” di distribuire proprio in cattedrale (con evidente commistione di sacro e profano) borse di studio a giovani meritevoli; o la mancata spiegazione ai tanti fedeli che lo richiedevano per lettera, nel 2012, del modo in cui erano stati distribuiti i fondi destinati agli alluvionati di Giampilieri (due milioni e mezzo di euro).
Chissà che adesso l’arcivescovo non voglia per esempio, cominciare a riscattarsi, dopo il forte richiamo di S.S. papa Francesco, ottemperando, magari in prima persona e poi ordinandolo alle parrocchie cittadine, all’invito di accogliere una famiglia dei tanti migranti che approdano anche a Messina. Non dichiarò lui stesso alla “Gazzetta del Sud” il 13 gennaio 2008: “Quello degli immigrati è uno dei temi che seguo più da vicino”?

24/09/2015
Felice Irrera


LA STORIA DELLA “CASA DEL CLERO”

11.01.1950: stipula della convenzione preliminare fra p. Teodoro Tusino (Superiore Generale pro tempore dei PP. Rogazionisti) e Mons. Angelo Paino.
20.06.1959: in occasione del 50° di episcopato di Mons. Angelo Paino, il Presule, “mosso dal paterno affetto ai sacerdoti”, dinanzi all’episcopato siculo pone la prima pietra “dell’erigenda Casa per «Sacerdoti anziani invalidi”.
30.10.1971: viene stipulata una nuova convenzione fra la Diocesi peloritana e i PP. Rogazionisti, dalla quale si evince la non ottemperanza degli impegni precedentemente assunti da parte dei religiosi. Nella suddetta intesa, infatti, si prende atto che: “per quanto attiene invece (a differenza della Diocesi) agli obblighi assunti dai Padri Rogazionisti, relativamente all’accoglimento e all’assistenza dei Sacerdoti, una serie di circostanze sfavorevoli ne ha impedito finora l’adempimento”.  Con la stessa intesa si decide la realizzazione - all’interno del Pio Ospizio “Collereale” -  del “Reparto canonico di Francia”; contemporaneamente, “i PP. Rogazionisti si impegnano a pagare la retta fissata dai regolamenti della Casa di Ospitalità dei Sacerdoti ivi ospitati”.
07.06.2001: integrazione alla convenzione del 1971 fra P. Mario Lucarelli (Superiore dei pp. Rogazionisti) e Mons. Giovanni Marra, Arcivescovo di Messina- Lipari- S. Lucia del Mela. Il suddetto accordo prevede che i sacerdoti versino un contributo di 500.000 lire fino al 2003 e i 2/3 della pensione a partire dal 2004, mentre i PP. Rogazionisti versino “la restante parte della retta prevista, che alla data della presente, è di 2.600.000 lire”.
08.03.2014: estinzione della convenzione ad opera dell’Arcivescovo Calogero La Piana attraverso una transazione con la quale il suddetto Ordinario diocesano accetta novecentoventimila euro in 28 rate e chiude la “partita” finanziaria con i PP. Rogazionisti, sopprimendo, di fatto, la “Casa del Clero”. 

F.I

LA RICHIESTA D’ISPEZIONE ALL’ARCIDIOCESI DI MESSINA
La visita, avvenuta nel gennaio del 2014 del Gruppo esterno di valutazione dell’AVEPRO (Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della Qualità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche) al “S. Maria della Lettera” ha evidenziato, come risulta dal rapporto finale da noi consultato e certamente a conoscenza dell’arcivescovo, un rapporto di autovalutazione accurato nell’analisi e rispondente alla realtà, con la disponibilità di aule ampie e attrezzate, di una direzione e segreteria idonee, di un ben organizzato sito web, di un’aula multimediale attrezzata e moderna, di una biblioteca organizzata, informatizzata e di facile consultazione. Perché allora la “persecuzione” è proseguita?
Ecco che si spiega la molto opportuna preparazione in corso di una lettera, corredata di numerose firme, rivolta al Papa, da parte di un folto gruppo di religiosi e laici della Diocesi messinese, che, dopo aver elencato minuziosamente le “malefatte” del presule in carica riguardo il “S. Maria della Lettera”, chiedono un’ispezione, al fine di verificare se la soppressione dell’ISSR di Messina, messa in atto dall’arcivescovo mons. Calogero La Piana sia connotata, come molti ritengono, da meri condizionamenti o interessi di parte, contrari al reale interesse della Diocesi.
24/9/2015

F.I.