“Chiedere
al potere
di
riformare il potere ..
Che
ingenuità!”
(G.
BRUNO)
Occorrerebbe
davvero una “cricca” senza scrupoli per governare questa città
ormai in piena balia degli elementi. “Nave senza nocchiero in gran
tempesta” è senza più ombra di dubbio - e agli occhi di tutti -
quella che fu la “civitas locupletissima” di Cicerone. Tendopoli
abusive, buonismo a (buon) mercato, dichiarazioni e proclami di una
classe politica alla deriva, ecco il panorama che s’affaccia dalla
gran falce di Crono alla sommità dei rilievi peloritani. Ai due
antipodi le rispettive Madonnine, dal porto e dal santuario di
Dinnamare, sembrano guardarsi desolate - l’una immagine speculare
dell’altra - senza tuttavia perdere la speranza, almeno per chi
come il sottoscritto ci crede, nell’infinita misericordia del
Redentore.
Una
cricca occorrerebbe, e munita degli attrezzi del mestiere –
intelligenza, autorevolezza, passione – destinati finalmente a
soppiantare gli altri, di attrezzi – astuzia, autoritarismo,
sfruttamento sistematico del territorio - che hanno letteralmente
demolito a picconate la città risorta dalle rovine del Grande Sisma.
Un rovesciamento di forma mentis in tal senso opererebbe per il
ripristino non solo dei valori della legalità e del civismo, ma
anche e soprattutto per la rivoluzione dell’aspetto fisico della
città. Una città brutta, infatti, ispira disgusto e mancata cultura
d’appartenenza; rifondarla dal punto di vista urbanistico
recuperando, nel solco della memoria, i simboli vivi ed essenziali –
il porto antico, gli spazi fieristici, i villaggi tanto per fare un
esempio – significa esaltarne l’identità per troppo tempo sopita
sotto le sabbie mobili dell’apatia.
Un’apatia
per la quale non può funzionare la storiella-alibi dello scirocco
che fiacca le volontà e deprime l’umore, utile soltanto a
distribuire deleghe in bianco a una classe politica e dirigenziale di
chiaro stampo delinquenziale. Chi delinque ai danni di Messina,
beninteso, lo fa ai danni dei suoi abitanti. La classe elettrice è
dunque responsabile, parimenti a quella degli eletti, del naufragio
materiale, oltre che etico, d’una comunità che annaspa ormai alla
ricerca di un refolo d’aria che le consenta di respirare
sott’acqua. Commissioni ed omissioni s’addensano e confondono
sullo sfondo dello Stretto che rese Messina porto franco e centro
degli scambi mediterranei per secoli.
Benvenute
allora, cricche di cittadini che avete il coraggio di aprire gli
occhi sulla scena del crimine, liberate le vostre menti dalle pastoie
dell’acquiescenza e dell’utilitarismo, riprendetevi la vostra
città. Non abbiate timore delle chiacchiere di quanti vi assicurano
che, tanto, nulla può cambiare. L’irredimibilità d’ogni popolo,
specie di quello siciliano, nasce da comportamenti consolidati,
paura delle critiche, noia del nuovo.
Ma
la Sicilia, nel corso dei millenni, è rimasta pur sempre salda sulle
proprie fondamenta e Messina, da parte sua, poggia ancora solidamente
sulle robuste spalle di Colapesce.
Giuseppe Ruggeri
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