E' veramente accaduto in riva allo Stretto. E alla fine anche lo scrittore...
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Disegno di William Child |
Alcuni giorni fa, in
una delle librerie cittadine, è stato presentato l’ultimo romanzo
di un importante scrittore siciliano che scrive di cose
siciliane.
C’era ovviamente
lo scrittore, che sembrava chiedersi cosa stesse facendo lì,
un po’ a disagio forse. Senza dire nulla, ma a bere piccoli sorsi
d’acqua contro la salivazione azzerata.
E altrettanto
ovviamente c’era il libraio, che in quanto padrone di casa e
amico personale dello scrittore, si è sentito in dovere di
dire qualcosa sullo scrittore e sul suo libro. Forse
anche troppo, visto che l’ex giornalista che moderava la
serata lo ha dovuto stoppare perché ha ritenuto che stesse invadendo
il suo zappato.
Infatti a presentare
la serata, a parlare del libro e smistare gli interventi dei
relatori, c’era un ex giornalista del quotidiano locale,
oggi in pensione come giornalista, quindi con più tempo a
disposizione per scrivere di teatro, di arte e di letteratura, cioè
per fare il giornalista.
C’era il direttore
del quotidiano locale, che in qualità di direttore del
quotidiano locale (benché – stando alle malelingue - il
direttore lo faccia solo sulla carta: poi le decisioni le prendono
altri…) ha ritenuto di non essere minimamente considerato tra
quelli che dovevano contenere il proprio intervento nei quattro
minuti concessi a ciascun relatore. E alla fine dell’intervento del
direttore del quotidiano locale l’ex giornalista ci
ha tenuto a precisare di essere in pensione, e che lo sforamento non
era in nessun modo collegato ai rispettivi ruoli.
C’era
l’antropologo - che un tempo era stato anche sindaco di
un’altra città - che ha fatto una relazione antropologica sul
libro dello scrittore. Essendo stato anche un politico,
avrebbe anche potuto farne una politica, ma l’ha fatta
antropologica.
C’era il filosofo,
che spesso fa i suoi bravi interventi sul quotidiano locale, e che ha
fatto un intervento filosofico, mettendo le mani avanti e dicendo di
essere “vichianamente” fuori posto.
C’era anche il
geografo, già politico e già presidente della regione, e che
quindi c’entrava come il parmigiano sugli spaghetti con le cozze;
però lui c’entra in tutte le manifestazioni di questo genere. Per
di più, nella fattispecie, era stato compagno di scuola dello
scrittore, e pertanto aveva tutto il diritto di dire la sua.
C’era la prof
in pensione, che sembrava sentirsi un po’ a disagio in mezzo a
cotanto senno, e che tuttavia ha detto poche cose, ma chiare e
semplici. E che si capiva che aveva letto il libro.
C’era la prof
in attività, che non voleva essere da meno rispetto al direttore
del quotidiano locale, costringendolo a tornare sugli argomenti
trattati.
E dopo tutti questi
c’era lo storico locale. A quel punto, tutto quello che si
poteva dire sull’ultimo libro dello scrittore era già
stato detto e in buona parte anche ripetuto, chiosato e
puntualizzato, scomodando perfino Italo Calvino e Harold Bloom: così
lo storico locale ha pensato bene di deviare verso il
penultimo romanzo dello scrittore, che gli dava più agio
perché ambientato nella nostra città. La cosa non era poi così
insensata, ma ha suscitato l’ilarità dell’ex giornalista,
che ha trattato lo storico locale come uno stordito che non si
accorge di avere l’orologio indietro.
Ha chiuso la
rassegna lo scrittore, del cui intervento ricordo solo che ha
detto – dopo aver sentito tutti – che non farà mai più
presentazioni dei suoi libri. Conclusione epica.
Mario
Benante