Felice Irrera ritratto da G. Bambino |
Il Felice Irrera che
non ti aspetti. I lettori di "Centonove"*, abituati a leggere le
puntigliose recensioni, o le dotte relazioni su poeti e scrittori del
passato e del presente, o ancora le ricorrenze storiche della città
di Messina, magari stentano a immaginare un Irrera ironico e
giocherellone. Altra cosa vale invece per gli amici, o comunque per
quelli che lo frequentano nella sfera privata, e ne conoscono
quell’altro aspetto, che finora era venuto fuori solo nelle
chiacchierate, magari a tavola: occasioni nelle quali circolavano,
quasi come pubblicazioni clandestine, certi piccoli fascicoli che
contenevano esercizi di letteratura satirica in prosa o in versi.
Ogni tanto questi
suoi esercizi sono usciti su riviste a tiratura limitata, o
sull’Annuario del liceo “Maurolico”, ma il più delle
volte erano rimasti chiusi nel classico cassetto, ad attendere il
momento giusto per vedere la luce.
E il momento è
arrivato: è appena uscito, per i tipi della casa editrice Di Nicolò,
La biblioteca segreta del monastero, prima opera narrativa di
Felice Irrera. Il lavoro, una raccolta di racconti umoristici, viene
dopo i tre volumi sulla Storia della scuola dall’Antichità al
XX secolo (2011-2013), il saggio La narrativa italiana dal
dopoguerra al post-Sessantotto (2011), e una miriade di saggi e
articoli apparsi su svariate riviste, oltre che su queste stesse
pagine. E prima di altre opere estremamente impegnative che verranno.
Il titolo del volume
è accattivante, sa di mistero e di suspense, che ovviamente si
stemperano dopo le prime pagine. E lo stesso attacco, con un monaco
novizio che casualmente, nei sotterranei di un abbazia, si imbatte in
una biblioteca segreta, ci introduce in un’atmosfera da Il nome
della rosa. Solo che la vicenda del giovane monaco, invece di
accompagnarci dentro una storia di misteriosi omicidi, si rivela in
realtà una cornice per i divertenti e dissacranti racconti di
Irrera.
I quali racconti,
come lo stesso autore dichiara in coda al volume, sono stati scritti
oltre trent’anni fa: alcuni, più brevi, avevano pazientemente
atteso il loro momento per la pubblicazione; per due di essi c’era
stata una sorta di circolazione sotterranea all’interno della
cerchia di amici. Certo, rispetto alla loro prma uscita, sui due
racconti è stata fatta opera di attualizzazione.
In I cavalieri
della tavola imbandita, una metafora dell’Italia odierna
straziata dai politici che se la contendono, i nuovi eroi
sostituiscono i protagonisti della vita politica degli anni ’80:
Berlusconi e Monti, Bersani e Grillo, invece di Fanfani e Almirante,
Berlinguer e Breznev. L’effetto comico però non cambia. Discorso
analogo si può fare per Intervista a Dio, in cui, nella
versione attualizzata, a fare da tramite fra l’intervistato e
l’intervistatore, e far ottenere a quest’ultimo lo scoop, è il
presidente della FIGC, Carlo Tavecchio, a sottolineare l’eccessiva
importanza oggi assegnata al calcio.
Gli altri racconti
sono più brevi, come detto, ma rappresentano comunque esercizi di
ironia ugualmente interessanti: dalla vera storia di Caino e Abele,
che ci offre un diverso punto di vista sul primo omicidio della
storia dell’umanità, a Arte e realtà, in cui viene
sottolineato il ruolo dell’arte come strumento di creazione e di
libertà. In Il Processo, come prima di lui hanno fatto altri
scrittori – viene subito in mente il caso di Anatole France –
Irrera rivisita il giudizio cui fu sottoposto Gesù, ma analizza in
chiave comica il ruolo svolto nella vicenda dal funzionario romano.
Ciascun racconto
sembra fare il verso a un genere o a un filone letterario, dallo
storico al fantasy, tutti racchiusi nella cornice del racconto del
mistero, ma in tutti si sente la voglia di Irrera di divertirsi e
fare divertire chi lo legge.
Benvenuta quindi a
questa nuova versione di Felice Irrera, e rimaniamo in attesa di un
romanzo, che chiuderebbe il cerchio.
Gerardo
Rizzo
*Articolo pubblicato nel settimanale "Centonove" del 31/03/2016, n° 13