mercoledì 18 maggio 2016

La biblioteca segreta di Felice

Felice Irrera ritratto da G. Bambino
Il Felice Irrera che non ti aspetti. I lettori di "Centonove"*, abituati a leggere le puntigliose recensioni, o le dotte relazioni su poeti e scrittori del passato e del presente, o ancora le ricorrenze storiche della città di Messina, magari stentano a immaginare un Irrera ironico e giocherellone. Altra cosa vale invece per gli amici, o comunque per quelli che lo frequentano nella sfera privata, e ne conoscono quell’altro aspetto, che finora era venuto fuori solo nelle chiacchierate, magari a tavola: occasioni nelle quali circolavano, quasi come pubblicazioni clandestine, certi piccoli fascicoli che contenevano esercizi di letteratura satirica in prosa o in versi.
Ogni tanto questi suoi esercizi sono usciti su riviste a tiratura limitata, o sull’Annuario del liceo “Maurolico”, ma il più delle volte erano rimasti chiusi nel classico cassetto, ad attendere il momento giusto per vedere la luce.
E il momento è arrivato: è appena uscito, per i tipi della casa editrice Di Nicolò, La biblioteca segreta del monastero, prima opera narrativa di Felice Irrera. Il lavoro, una raccolta di racconti umoristici, viene dopo i tre volumi sulla Storia della scuola dall’Antichità al XX secolo (2011-2013), il saggio La narrativa italiana dal dopoguerra al post-Sessantotto (2011), e una miriade di saggi e articoli apparsi su svariate riviste, oltre che su queste stesse pagine. E prima di altre opere estremamente impegnative che verranno.
Il titolo del volume è accattivante, sa di mistero e di suspense, che ovviamente si stemperano dopo le prime pagine. E lo stesso attacco, con un monaco novizio che casualmente, nei sotterranei di un abbazia, si imbatte in una biblioteca segreta, ci introduce in un’atmosfera da Il nome della rosa. Solo che la vicenda del giovane monaco, invece di accompagnarci dentro una storia di misteriosi omicidi, si rivela in realtà una cornice per i divertenti e dissacranti racconti di Irrera.
I quali racconti, come lo stesso autore dichiara in coda al volume, sono stati scritti oltre trent’anni fa: alcuni, più brevi, avevano pazientemente atteso il loro momento per la pubblicazione; per due di essi c’era stata una sorta di circolazione sotterranea all’interno della cerchia di amici. Certo, rispetto alla loro prma uscita, sui due racconti è stata fatta opera di attualizzazione.
In I cavalieri della tavola imbandita, una metafora dell’Italia odierna straziata dai politici che se la contendono, i nuovi eroi sostituiscono i protagonisti della vita politica degli anni ’80: Berlusconi e Monti, Bersani e Grillo, invece di Fanfani e Almirante, Berlinguer e Breznev. L’effetto comico però non cambia. Discorso analogo si può fare per Intervista a Dio, in cui, nella versione attualizzata, a fare da tramite fra l’intervistato e l’intervistatore, e far ottenere a quest’ultimo lo scoop, è il presidente della FIGC, Carlo Tavecchio, a sottolineare l’eccessiva importanza oggi assegnata al calcio.
Gli altri racconti sono più brevi, come detto, ma rappresentano comunque esercizi di ironia ugualmente interessanti: dalla vera storia di Caino e Abele, che ci offre un diverso punto di vista sul primo omicidio della storia dell’umanità, a Arte e realtà, in cui viene sottolineato il ruolo dell’arte come strumento di creazione e di libertà. In Il Processo, come prima di lui hanno fatto altri scrittori – viene subito in mente il caso di Anatole France – Irrera rivisita il giudizio cui fu sottoposto Gesù, ma analizza in chiave comica il ruolo svolto nella vicenda dal funzionario romano.
Ciascun racconto sembra fare il verso a un genere o a un filone letterario, dallo storico al fantasy, tutti racchiusi nella cornice del racconto del mistero, ma in tutti si sente la voglia di Irrera di divertirsi e fare divertire chi lo legge.
Benvenuta quindi a questa nuova versione di Felice Irrera, e rimaniamo in attesa di un romanzo, che chiuderebbe il cerchio.

Gerardo Rizzo

 *Articolo pubblicato nel settimanale "Centonove" del 31/03/2016, n° 13

lunedì 16 maggio 2016

Storia. Nuove leve si presentano

Giovani storici crescono. E pubblicano i loro lavori. Il risultato è il 
volume Società, potere e libertà, a cura di Giuseppe Campagna (edizioni Aracne, Roma 2016), in cui sono raccolte le prime pubblicazioni – in molti casi gli esordi – di giovani usciti in questi anni dal vivaio del corso di Laurea in Scienze Storiche.
Nella prefazione al volume, Giuseppe Restifo, citando Lucien Febvre, descrive lo storico come uno che lavora sulla frontiera, con un piede di qua e uno di là, fra il passato e il presente; concetto che appare ben chiaro ai giovani autori di questa opera, i quali sembrano aver compreso la necessità di conoscere il tempo trascorso per comprendere quello in cui viviamo: «…colpisce un approccio che si può definire “spontaneo”: per la gran parte di loro si tratta della prima pratica storiografica; ma subito emerge come essi considerino i loro risultati come un prodotto della “sudata” conoscenza del passato».
I lavori prodotti spaziano in un arco temporale vastissimo, che va dal medioevo al novecento: il libro raccoglie infatti dodici saggi scritti da dieci autori, che si occupano dei campi di ricerca più disparati. Due di questi saggi sono del curatore Campagna: il primo, La schiavitù a Messina nel Trecento, illustra la presenza di schiavi nella città dello Stretto, gettando luce su un argomento molto poco noto agli stessi studiosi. Più corposo è il secondo dei saggi di Campagna, L’espulsione degli ebrei dalla Sicilia. Diaspora di uomini ed identità, in cui si seguono le tracce delle vittime di quella immane tragedia e il loro disperdersi lungo le varie rotte del Mediterraneo.
Due testi li presenta anche Alessandro Abbate: uno su un’attività tradizionale della zona delle Madonie (Produzione, uso e commercio della manna da frassino siciliana fra il XVII e il XIX secolo); l’altro racconta la figura e le vicende di un socialista romagnolo, Nicola Bombacci, negli anni che precedettero la nascita del PCI (Il Psi attraverso la figura di Nicola Bombacci. Dagli ultimi anni di guerra alla scissione di Livorno 1917-1921).
Procedendo in ordine cronologico, si trova il saggio di Vincenzo Tedesco (Forme di giustizia e dissenso religioso in Calabria e in Sicilia nel XVI secolo), che illustra la diffusione della Riforma protestante nelle regioni più meridionali d’Italia.
Marco Cesareo (Luca Villamaci. Un artista messinese alla corte di Luigi XIV: proposte di ricerca), prova a seguire le tracce del pittore e scultore, probabile protagonista della rivolta antispagnola del 1674-78 ed esule al ritorno degli spagnoli in città.
Ci avviciniamo ai nostri giorni con la ricerca di Antonino Teramo (Ordini e congregazioni religiose nella Diocesi di Messina negli anni dell’arcivescovo Guarino), che si rivela un accurato studio sula religiosità a Messina nello scorcio dell’800, al tempo dell’ultimo cardinale alla guida della diocesi peloritana.
In Tra consenso e dissenso: la Società Africana d’Italia e gli esordi della politica coloniale italiana, Francesca Minissale ripercorre le tappe che hanno condotto alla creazione dell’Africa italiana, ma anche della costruzione del beneplacito popolare alla nascita dell’Impero.
La nascita dell’irredentismo italiano e gli anni che portarono alla prima guerra mondiale sono oggetto del lavoro di Marco Boncoddo, Fiume 1896-1914. La morte dell’idillio fiumano-magiaro e la nascita dell’irredentismo italiano alla vigilia della Grande Guerra.
L’immane tragedia umana rappresentata dalla guerra civile spagnola è analizzata in due studi, per quanto con angolazioni molto dissimili. Marcello Raffa (Mussolini e la guerra civile spagnola. L’aiuto del regime fascista ai ribelli nazionalisti) indaga sui rapporti fra Italia e Spagna e sul sostegno di Mussolini a Francisco Franco; Teresa Saccà (I primi mesi della guerra civile spagnola da “La Gazzetta quotidiano fascista della Sicilia e della Calabria”), dopo aver passato in rassegna la più recente bibliografia sull’argomento, ne segue i resoconti che ne fa un quotidano meridionale a diffusione locale, offrendo un esempio dell’appoggio che, a sua volta, il regime ebbe dalla stampa a proposito della sua partecipazione al conflitto iberico.
Chiude il volume Francesco Tigani, che in Briciole di umanesimo e scorie democratiche, dopo aver analizzato le varie interpretazioni della democrazia che si sono succedute nel tempo, ne scandaglia le implicazioni filosofiche, a partire dai dialoghi socratici fino ad arriv
are all’antipolitica militante di Beppe Grillo e dei suoi “Vaffa”.
Gerardo Rizzo