La
preghiera a pagamento dalla Messina del Seicento ai giorni nostri.
Agli
inizi del XVII secolo, Messina continuava a lottare con Palermo per
la supremazia nell’isola e, dipendendo dalla monarchia spagnola,
cercava, a suon di moneta di ingraziarsela.
A
parte i soliti donativi, offerti ai nuovi sovrani che si succedevano
alla morte dei precedenti allo scopo di mantenere alla città quei
privilegi, molti dei quali, in realtà, falsamente costruiti, che
giovavano al mantenimento di una posizione di prestigio sulle altre
città dell’isola, si pregava anche molto a Messina per i sovrani,
sia quando essi godevano di buona salute che quando questa era
precaria e le preghiere, non c’è che dire, erano ben remunerate!
A
riprova di quanto diffusa fosse in città tale pratica nel Seicento e
di come il Senato di Messina fosse solito spendere allora somme
veramente enormi, non solo per dotazioni di chiese, cera, arredi
sacri, quadri, elemosine a conventi, riparazioni, ecc., in un numero
dell’Archivio storico messinese del 1905, a firma di Virgilio
Saccà, così si legge:
“Nel
primo giornale 1601 della Tavola, a 22 giugno, trovo che il tesoriere
del Comune Gius. Maria Minutoli pagava “per conto a parti fatti
depositare per Giov. Francesco Mancuso visori ad conditione che non
si possano spendere senza l'ordine di S. E. unzi cento al Padre Fra
Raffaele di Messina del Convento di S. Agostino per far orationi p.
la lunga vita et prosperità della cattolica et regal maestà di
Nostro Signore Filippo tercio et che nostro Signore li conceda
prole et stirpe regale”.
Oltre
alla pratica delle orazioni a pagamento, si deve proprio dire che
quest’ultima frase è davvero un poema!
Ma
proseguiamo a visionare la nota, questa volta non con le parole del
documento, ma con quelle proprio del Saccà, che si prova a
riassumere:
“A
27 di Giugno, per la identica causale si pagavano onze 30 a Fra Paolo
Pizzuto procuratore del Convento del Carmine; a 27 di Luglio onze 40
a Fra Sebastiano di Messina guardiano del Convento di Santa Maria di
Gesù Superiore; a 31 detto mese onze 40 a Sor Restuccia Rigoles,
abbatessa del Monastero di Montevergine (pregavano anche le vergini
recluse per la stirpe Regale!); a 7 di agosto onze 100 a Fra Vincenzo
Donnino procuratore del Convento di S. Francesco di. Assise; a 27 di
novembre onze 17 a Padre Giovanni Cardines dell'ordine della Mercè
ed a 23 di luglio (II° giornale contanti) si pagavano onze 20 all'
abatessa dello Spirito Santo sempre per lo stesso motivo”.
Il
commentatore finge di fermarsi qui, ma, in realtà, prima di
chiudere, commentando le righe precedenti, aggiunge ironico che
“se
si spesero circa cinquemila lire di nostra moneta per una tale
preghiera viceversa poi si ebbe l'altissima consolazione di
apprendere nei primi di Maggio la nascita della infante Donn'Anna
Maria, primogenita di Filippo terzo, nascita che diede luogo a nuove
spese per le necessarie conseguenti feste di giubilo”!
È’
vero che anche oggi i fedeli, da credenti, si affidano spesso, in
varie circostanze alla preghiera, propria o anche di altri con cui
condividono la fede, ma certamente non lo fanno le istituzioni
cittadine, che si limitano in determinate particolari occasioni,
all’offerta di ceri votivi.
Per
esempio, a Messina, c’è ancora l’uso, che riprende proprio un
decreto del Senato della città
del
2 luglio 1777, firmato da Giovanni de Salamone, Giovanni Battista
Lazzari, Piero Luigi Donato, Giuseppe Denti, Giuseppe Barone
Cianciolo e Domenico Carmisino,
con
il quale veniva sottoscritto un impegno ad offrire in perpetuo a
sant'Eustochia (Smeralda) Calafato,
“il
giorno 22 agosto, sacro all’ostensione del tuo corpo, o il giorno
20 gennaio della tua felicissima morte”,
un
cero votivo di 38 libbre per rendere grazie e affidare alla
fraterna intercessione della clarissa la Chiesa messinese e la città
tutta.
Oggi,
solo i singoli fedeli possono, se vogliono, affidare anche a
presbiteri la cura di periodiche orazioni per i defunti o per
ottenere grazie, magari effettuando delle offerte volontarie; mentre,
sin dagli inizi del suo pontificato, papa Francesco ha
criticato molto duramente la consuetudine di alcune parrocchie di
celebrare matrimoni e battesimi dietro pagamento di una cifra ben
precisa.
Decisamente,
i tempi sono cambiati, ma, una volta tanto, non in peggio, anche se,
naturalmente, occorre sempre guardarsi dai truffatori, che non
mancano mai, come gli evangelici lupi travestiti da pecore!
Non
sono certo tra questi, anche se fanno pensare, le edizioni Paoline di
Roma, che, su concessione di Radio Vaticana offrono oggi, per 39,90
€, un Rosario elettronico portatile per accompagnare la recita del
Rosario con la voce rassicurante e dolce di Papa Francesco.
In
questo caso, però, conoscendo l’azione pastorale costantemente
esercitata da S. S. e i suoi atteggiamenti nei confronti degli
“ultimi”, siamo certi che il ricavato di una tale vendita verrà
usato a loro esclusivo beneficio.
Felice
Irrera