sabato 27 febbraio 2021

CENTONOVE, UNA FAVOLA SPEZZATA

 Il recente libro di Enzo Basso racconta il sogno infranto di una testata libera


C’era una volta... La solita favola, diranno i lettori di quest’articolo! No, lettori, avete sbagliato: c’era una volta “Centonove”!

Non vorrai farci la storia di un numero, speriamo!”.

No davvero, amici miei, “Centonove” era un giornale. Ed era un giornale di Messina, il primo in Italia creato nel 1993, con un investimento limitato, da tre giornalisti ex collaboratori del Giornale di Sicilia, Enzo Basso, Graziella Lombardo e Fabio De Pasquale: l’anno dopo, scommessa vinta, avrebbe ottenuto i finanziamenti della legge 44 per l'imprenditoria giovanile.

Ecco come nacque un settimanale senza padroni, senza quegli intrecci azionari che producevano un’informazione paludata e piatta qual è ancora quella siciliana e che, forse per questo, si sarebbe persino fregiato nel 1998 del prestigioso premio giornalistico Saint-Vincent, ai tempi del cosiddetto “verminaio” di Messina, termine inaugurato dall’allora vicepresidente della Commissione Parlamentare antimafia Nichi Vendola, che avrebbe scoperto i tanti lati oscuri della nostra città.

Un giornale, dunque, del tutto nuovo (trentadue pagine formato Repubblica per approfondimenti di politica, economia, spettacolo, cultura, cronaca sui 108 comuni di Messina) nel panorama di una città addormentata, agli ultimi posti in Italia per qualità della vita, piena di pensionati e dipendenti pubblici adatti solo a consumare ciò che le industrie, che qui mancano, producono nel ricco nord.

Nato come settimanale provinciale, “Centonove” si propose ai lettori come testata d'inchiesta: retroscena politici, appalti e tangenti, interessi speculativi; un'anomalia in positivo per l'informazione messinese, capace di tirar fuori verità fino a quel momento rimaste sotto silenzio.

Negli anni, il giornale, pur tra mille problemi (creati da chi?) si espanse, conquistando la fiducia e la curiosità di alcune migliaia di lettori di Messina, provincia e oltre, ma...


  Le favole, cari lettori, hanno sempre un lieto fine, ma questo è ancora tutto da scrivere, dopo le vicende giudiziarie che hanno inopinatamente (ma poi neanche tanto, se guardiamo alla realtà di questa nostra città) colpito il fondatore-editore Enzo Basso, arrestato all’alba del 30 ottobre del 2017 e costretto a ben sei mesi di domiciliari con il divieto di affacciarsi al balcone di casa, con il sequestro del giornale e la successiva messa in vendita della testata (che nessuno ha comprato perché l’incapacità di qualcuno l’ha lasciata decadere).

Intanto chi vuol conoscere la sequenza degli avvenimenti, con le macroscopiche violazioni di legge menzionate dall’autore, che hanno portato alla morte di “Centonove” dopo venticinque anni di pubblicazioni, può leggere l’istant book dal titolo Bancarotta che lo stesso Basso ha recentemente pubblicato, reperibile nelle edicole: l’autore lo ha dedicato ai lettori di “Centonove” ed è un vero e proprio documento per i magistrati che dell’affaire dovranno occuparsi.

A proposito, quando?

Già diverse volte la Corte che doveva occuparsene è cambiata e il fondatore del giornale è ancora in attesa di giudizio. Ad ottobre saranno passati quattro anni dal suo arresto e dalla distruzione fisica di “Centonove” e tutto quello che gli è stato sequestrato non gli è stato ancora restituito e forse giace in qualche scantinato del Tribunale.

In attesa della riforma tanto attesa, qualcuno pensa forse per ora ad una bancarotta della giustizia?


Felice Irrera





sabato 13 febbraio 2021

I SEGRETI DI CASIMIRO PICCOLO

 

    Casimiro Piccolo, fratello del più noto Lucio, la cui poesia fu “scoperta” da Eugenio Montale, è conosciuto forse ancora in ambienti abbastanza ristretti, benché negli ultimi anni se ne sia parlato per alcune mostre e interventi di critici come quello di Vittorio Sgarbi. I suoi acquerelli, composti tra il 1943 e il 1970, popolati da figure bizzarre quali elfi, ninfe, folletti ed altre creature di un mondo fatato che sembra uscito dalle favole dei Grimm, tardarono a giungere al grande pubblico per volontà dello stesso artista, che li custodì in quella villa, oggi sede della Fondazione che reca il suo cognome, a Capo d’Orlando, e in cui visse gran parte della sua vita, assieme al fratello Lucio e alla sorella Agata Giovanna, grande esperta di botanica.

    Adesso un gustoso ritratto di questo eccentrico esponente di un mondo scomparso, studioso appassionato di esoterismo, ci viene riproposto, sotto forma di breve racconto, accompagnato da una testimonianza inedita e da alcune fotografie, da Giuseppe Ruggeri, nelle trentadue pagine che compongono “I segreti di Casimiro Piccolo” (Giambra 2019), con il significativo sottotitolo di “Viaggio nell’universo incantato dell’ultimo barone di Calanovella”.

    Il lettore di questo testo potrebbe obiettare che si tratta certo di un percorso troppo rapido per poterne far nascere un’immagine a tuttotondo di Casimiro Piccolo.

    E certamente così è, perché di fronte alla descrizione della natura notturna nella quale s’inquadra il leitmotiv dell’incontro fantastico tra l’autore-personaggio e il barone; davanti a quella sonora armonia creatasi nell’autore-personaggio tra l’ambiente e l’ascolto dei suoi fruscii, mentre lo sguardo scivola “verso il mare scintillante sotto i raggi lunari”, si è portati a desiderare che nasca qualcosa di più di quello che è poi un breve colloquio che può dare proprio la sensazione di qualcosa d’incompiuto.

    Ma, d’altra parte, crediamo che l’intento dell’autore non sia stato affatto quello di fornire un ritratto preciso di Casimiro Piccolo, al quale per questo sarebbe necessario dedicare (e lo si è fatto) corposi articoli e interi saggi, ma soltanto un profilo evocativo.

    Ruggeri, in sostanza, ha voluto dare, appunto con una vera e propria evocazione fantastica, un’idea di quest’uomo fuori dal comune e della sua arte popolata di magiche figure, che lo stesso Casimiro indicava quale risultato di veri e propri incontri incantati, immagine di un mondo nello stesso tempo visionario e reale, geniale specchio del suo percorso di vita.

    Leggendo questo libriccino, del resto, è sicuramente possibile all’inconsapevole lettore, associando alla lettura del racconto l’inedita testimonianza ad esso allegata, scoprire il Casimiro Piccolo acquerellista, fotografo ed esoterista; senza che con questo, Ruggeri intenda certo esaurire l’esame dell’esistenza, a dir poco stravagante, di lui, che visse, col fratello e la sorella, nell’esilio dorato scelto per essi dalla loro maman, dopo la fuga a Sanremo del barone-padre per amore di una ballerina: in seguito a quest’evento, per l’intera famiglia, centro di tutto diventerà l’isolamento in quella villa magica delle loro estati.

    Per loro, non c’era bisogno di altri in un luogo già pieno di fantasmi: ai cani e ai gatti per i quali la famiglia allestì un vero e proprio cimitero, si aggiungevano, forse, anche gli antichi abitanti dei precedenti insediamenti sulla collina.

    Perché stupirsi allora delle fantastiche creature del pennello di Casimiro? 

    Egli, che dormiva di giorno e viveva la vita di notte (da qui l’incontro con l’autore del racconto), le incontrava addentrandosi in quello straordinario giardino e, superando la banalità del visibile, ne fece la popolazione di un mondo segreto riservato solo a pochi.

    Se mai, dovremmo meravigliarci che ancora nessuno abbia pensato a scrivere un romanzo su sua sorella Agata Giovanna, che non passò mai lo Stretto di Messina e, semplicemente comprando i semi per corrispondenza, diede vita, intorno alla villa, ad un giardino botanico vero e proprio.

    Intanto, i tre fratelli, che, in un certo senso, non fecero che continuare in quella villa, resa proprio da loro incantata, la propria infanzia con altri mezzi (Agata con le piante, Lucio con le parole, Casimiro con i colori), continuano a sorprenderci e dobbiamo a Giuseppe Ruggeri aver riportato su uno di essi, con la semplicità complicata di un sogno, la nostra attenzione.

Felice Irrera