Demetrio Scopelliti al lavoro |
Demetrio
Scopelliti è uomo e artista leggero, si vede proprio che si diverte
a fare quello che fa. L’arte ha fatto parte della sua vita fin da
quando aveva quindici anni, dice, e si muove per le stanze del suo
studio come alla ricerca di qualcosa che non trova: in realtà sa
benissimo dove sta ciascun disegno, ogni dipinto presente nei tre
locali di contrada Acqua del Conte, a Messina. Tira fuori dei quadri
che si vede che hanno i loro anni: “Queste sono fra le prime cose
che ho fatto, quando ero infatuato di Mondrian”.
E
da allora la pittura di Scopelliti è stata una continua ricerca,
esperimento, scoperta di materiali sempre nuovi, ora nobili, più
spesso proletari. I suoi supporti sono spesso vassoi di focaccia,
carta da forno bruciacchiata, tavolette riciclate. Come le buone
cenette ricavate dagli avanzi della festa. Mi indica una serie di
lavori su tavolette di legno, strette e alte: “Per un periodo”
dice, “sono stato affascinato da questo tipo di formati, stretti e
che si sviluppavano in altezza. Avevo anche elaborato una sorta di
giustificazione teorica, ma la verità è che avevo a disposizione
solo questo materiale”. Ai suoi alunni, tra il serio e il faceto,
spiegava che i vari “periodi” di Picasso probabilmente erano
determinati, più che da scelte stilistiche o tematiche, dal fatto
che si trovasse in abbondanza di colore blu o rosa…
Demetrio
parla, parla e ascolta. Racconta i lunghi anni di insegnante di
pittura nei licei artistici della Sicilia e della Calabria, i lunghi
viaggi per raggiungere le scuole, e le gratificazioni che vengono
dalla consapevolezza di aver lasciato qualcosa alle generazioni di
studenti che si sono avvicendate nel tempo.
Poi, quando finisce il
suo peregrinare scolastico, rientra a Messina e si rimette in gioco,
riprendendo a esporre. Inizia con una mostra a Taormina, curata da
Mariateresa Zagone, poi le sue uscite diventano più regolari, con
interessanti esperienze personali e collettive, come la sua
partecipazione a “Orientale Sicula”, una sorta di cooperativa che
metteva assieme molti dei più bravi artisti messinesi, ancora fino a
pochi anni fa, fino a che ce l’hanno fatta a portare avanti
l’iniziativa. Lì ha conosciuto molti compagni di strada che ha
apprezzato, come artisti e come uomini: Piero Serboli e il compianto
Carlo Giorgianni su tutti.
Con Aurelio Velentini |
E
mentre parla e ascolta, Scopelliti continua a mettere mano ai diversi
lavori che ha iniziati, sparsi sui vari tavoli e cavalletti in giro
per lo studio. Ora incolla un cartone, ora sparge della sabbia su uno
sfondo già colorato. “Sono lavori preparatori fatti dai miei
alunni, per esercitarsi. Molti mi sono sembrati interessanti e li ho
conservati, e ora li uso così, li completo”.
Quando
inizia un lavoro, il nostro Man at Work non sa mai quale sarà il
risultato finale: ne verrebbe meno il senso della ricerca, della
sperimentazione. Era questo il senso di una sua pagina facebook
che ha chiamato “Demetrio Scopelliti Apprendista Pittore”:
l’avere sempre qualcosa da imparare, traguardi da raggiungere senza
sapere esattamente quali. Avere un piano preciso è come se l’arte
venisse subordinata ad altri tipi di necessità. “Conosco artisti
che stabiliscono le dimensioni dei loro lavori sulla base delle
misure del bagagliaio della propria auto. Dicono: ‘Ho preso queste
tavole per lavorarci, stanno benissimo nel portabagagli’. Sembra un
paradosso, ma è vero. Sono pittori bravissimi, dalla tecnica
sopraffina, che quando danno la prima pennellata sanno già dove
vanno a parare. Ma per me sono bravi artigiani, l’arte è un’altra
cosa…”
Gerardo Rizzo