mercoledì 18 agosto 2021

DANTE INTRAMONTABILE

 L’attualità perenne del grande poeta

Ci sono libri che, senza essere capolavori,, sono però utili (e non poco). È il caso di “Parla come Dante. Come e perché usare i versi del sommo poeta nella vita quotidiana” di Dario Pisano (Newton Compton Editori, pp. 152, € 10).

Nel momento in cui lo studio di Dante è ridotto ai minimi termini nelle scuole italiane, l’autore ci fornisce qui un’utile chiave perché colui che è da tutti riconosciuto come il maggiore poeta di ogni tempo possa essere conosciuto anche da chi non è uno specialista o uno scolaro.

Appaiono qui chiare le motivazioni che hanno portato il grande fiorentino alla massima stima di contemporanei e posteri.

Innanzitutto, l’essere egli il padre, quasi l’inventore della lingua in cui ancora oggi ci esprimiamo, come numerosi esempi dimostrano.

Poi, il fatto che intere terzine e singoli versi siano rimasti proverbiali e siano ancora oggi, a distanza di settecento anni, usati in un appropriato significato (ed anche in questo caso numerosi sono gli esempi che si susseguono nel libro a dimostrazione inequivocabile: tutto ciò, se opportunamente utilizzato, potrebbe e dovrebbe riempire d’ammirazione anche gli allievi meno sensibili.

Ma c’è anche una terza, e forse ancora più importante, motivazione che rende questo libro quanto mai utile: la dimostrazione dell’assoluta contemporaneità del Poeta.

Prendiamo questa terzina del Purgatorio (VI, 76-78):


Ahi serva Italia di dolore ostello,

nave senza nocchiero in gran tempesta,

non donna di provincie ma bordello!”.


Chi può non riconoscere in queste immagini l’Italia odierna caratterizzata da ruberie continue, da disposizioni di legge contraddittorie che si accumulano disordinatamente senza portare alcun vantaggio ai cittadini, anzi provocando tra di essi contenziosi che fanno la felicità (questa sì!) degli avvocati? È facile dedurre perché ciò accada (Purgatorio, XVI, 97):


Le leggi son ma chi pon mano ad esse?”


La corruzione, ieri come oggi, regna sovrana presso coloro che dovrebbero governare i cittadini: gli scandali si susseguono con una impressionante continuità presso politici, magistrati ed ecclesiastici e il popolo, si arrangia come sa e come può, imitando chi dovrebbe guidarlo. E il Poeta, proprio osservando come agisce l’umanità del suo tempo, convinto, prorompe (Paradiso, XI, 1-9):


O insensata cura dei mortali,

quanto son difettivi sillogismi

quei che ti fanno in basso batter l’ali!


Chi dietro iura, e chi ad aforismi

sen giva, e chi seguendo sacerdozio,

e chi regnar per forza o per sofismi,


 e chi rubare, e chi civil negozio,

 chi nel diletto della carne involto

 s’affaticava e chi si dava all’ozio”.


Questa è l’umanità del suo e del nostro tempo; di tutti i tempi.

Per essa occorre, ora come allora, una rivoluzione etica che ci liberi dai tristi figuri che adesso la popolano, in Italia come nel mondo.

Dante la strada ce l’ha indicata ed è per questo che la sua opera durerà quanto l’umanità.

Felice Irrera