mercoledì 15 aprile 2020

BIZZARRIE

Spulciando tra curiosità del passato

Spigolando alla ricerca di notizie curiose su antiche pubblicazioni, ne ho trovate due in un colpo solo su un numero unico dell’Archivio storico messinese del 1905.
La prima riguarda il fatto, ben documentato dall’autore dell’articolo, Virgilio Saccà, che nel secolo XVII i morti dell’ospedale si seppellissero nudi e i loro vestiti si vendessero all’incanto. Così risulta infatti da un preciso riscontro dello studioso in data 25 settembre 1600: 
 
«A padre Francesco la Rosa onze setti e tari tritici boni per sua polisa ad Gioseppe Alifia e d. giovanne di marchisi thesoreri dell'hospitale di S. Maria della pietà di questa città dissi li paga per tanti che di loro ordine si sono pagati da Angelo Conti per li vestiti di li morti , che detto hospidale l'ha venduti a tre buci, come per l’atti not. jo Andrea caputo a 18 di lo presente».

Così commenta Saccà: “L'ospedale trovava giusto incassare il provento, e quel tale Angelo Conti, rivendugliuolo o negoziante di stracci che sia, trovava conveniente pagare circa cento lire di nostra moneta per i vestiti dei poveri morti che rivendeva poi, naturalmente, ai miserabili della città ed ai naturali del contado”.

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Ma ancora più bizzarro, almeno apparentemente, è quanto riportato nella seconda nota dallo stesso autore:

«Venerdì a 31 d' agosto - A Gioseppe Maria Minutolo thesoreri per conto dell'anno presente onze doi per sua polisa a D. Antonio di petro disse li paga in virtù di mandato jur. fattoli sotto il dì 15 maggio dell’anno presente dissero pagarceli per tanti che la città ogni anno li soli dari alla parrocchia di S. Antoni seu allo Cappellano di quella per non lassari andar li porci scapoli per li strati, quali annata si maturao a 24 di marzo prox. pass. ecc. ».

Il Comune, dunque, pagava il cappellano di Sant’Antonio perché badasse a non fare andare randagi i porci per le vie della città! E il notista si chiede come diavolo facesse il cappellano a svolgere efficacemente il suo compito igienico e civile!
Fin qui la nota dell’autore. Ma noi abbiamo approfondito un po’ la ricerca, chiedendoci innanzitutto: a chi appartenevano quei porci? Ci è venuto in mente di svolgere una breve ricerca e possiamo ora aggiungere qualche nostra deduzione.

L’iconografia del santo egiziano Antonio, vissuto tra il III e il IV secolo, lo rappresenta quasi sempre in compagnia di maiali. Ma perché, in particolare, proprio il maiale è il compagno inseparabile del santo nelle diverse sue rappresentazioni? Il fatto è che nel corso del Medioevo esso fu un animale allevato costantemente dai monaci antoniani e, secondo la tradizione, il suo grasso era un antidoto contro l'herpes zoster, noto come il fuoco di sant'Antonio. Ai monaci di quest’Ordine fu concesso il privilegio (forse da un papa?) di allevare maiali che godevano di un singolare diritto, ovvero quello di poter circolare liberamente e indisturbati per le vie di città e paesi! Ed eccoci al dunque perché si può finalmente rispondere al buon Virgilio Saccà che, pur conoscendo che il Santo era protettore dei porci, si chiedeva come facesse il Cappellano a cacciarli: era proprio il medesimo, invece, probabilmente, a portare a spasso i porci e gli si chiedeva soltanto di controllarli mentre razzolavano!

Felice Irrera


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