Spulciando
tra curiosità del passato
Spigolando
alla ricerca di notizie curiose su antiche pubblicazioni, ne ho
trovate due in un colpo solo su un numero unico dell’Archivio
storico messinese del 1905.
La
prima riguarda il fatto, ben documentato dall’autore dell’articolo,
Virgilio Saccà, che nel secolo XVII i morti dell’ospedale si
seppellissero nudi e i loro vestiti si vendessero all’incanto. Così
risulta infatti da un preciso riscontro dello studioso in data 25
settembre 1600:
«A
padre Francesco la Rosa onze setti e tari tritici boni per sua polisa
ad Gioseppe Alifia e d. giovanne di marchisi thesoreri dell'hospitale
di S. Maria della pietà di questa città dissi li paga per tanti che
di loro ordine si sono pagati da Angelo Conti per li vestiti di li
morti , che detto hospidale l'ha venduti a tre buci, come per l’atti
not. jo Andrea caputo a 18 di lo presente».
Così
commenta Saccà: “L'ospedale trovava giusto incassare il provento,
e quel tale Angelo Conti, rivendugliuolo o negoziante di stracci che
sia, trovava conveniente pagare circa cento lire di nostra moneta per
i vestiti dei poveri morti che rivendeva poi, naturalmente, ai
miserabili della città ed ai naturali del contado”.
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Ma
ancora più bizzarro, almeno apparentemente, è quanto riportato
nella seconda nota dallo stesso autore:
«Venerdì
a 31 d' agosto - A Gioseppe Maria Minutolo thesoreri per conto
dell'anno presente onze doi per sua polisa a D. Antonio di petro
disse li paga in virtù di mandato jur. fattoli sotto il dì 15
maggio dell’anno presente dissero pagarceli per tanti che la città
ogni anno li soli dari alla parrocchia di S. Antoni seu allo
Cappellano di quella per non lassari andar li porci scapoli per li
strati, quali annata si maturao a 24 di marzo prox. pass. ecc. ».
Il
Comune, dunque, pagava il cappellano di Sant’Antonio perché
badasse a non fare andare randagi i porci per le vie della città! E
il notista si chiede come diavolo
facesse il cappellano a svolgere efficacemente il suo compito
igienico e civile!
Fin
qui la nota dell’autore. Ma noi abbiamo approfondito un po’ la
ricerca, chiedendoci innanzitutto: a chi appartenevano quei porci? Ci
è venuto in mente di svolgere una breve ricerca e possiamo ora
aggiungere qualche nostra deduzione.
L’iconografia
del santo egiziano Antonio, vissuto tra il III e il IV secolo, lo
rappresenta quasi sempre in compagnia di maiali. Ma perché, in
particolare, proprio il maiale
è il
compagno
inseparabile del santo nelle diverse sue rappresentazioni? Il fatto è
che nel corso del Medioevo esso fu un animale
allevato costantemente dai monaci antoniani e,
secondo la tradizione, il suo grasso era un antidoto contro l'herpes
zoster,
noto come il
fuoco di sant'Antonio.
Ai monaci di quest’Ordine fu concesso il privilegio (forse da un
papa?) di allevare maiali che godevano di un singolare diritto,
ovvero quello di poter circolare liberamente e indisturbati per le
vie di città e paesi! Ed eccoci al dunque perché si può finalmente
rispondere al buon Virgilio Saccà che, pur conoscendo che il Santo
era protettore dei porci, si chiedeva come facesse il Cappellano a
cacciarli:
era proprio il medesimo, invece, probabilmente, a portare a spasso i
porci e gli si chiedeva soltanto di controllarli mentre razzolavano!
Felice
Irrera
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