Casimiro
Piccolo, fratello del più noto Lucio, la cui poesia fu “scoperta”
da Eugenio Montale, è conosciuto forse ancora in ambienti abbastanza
ristretti, benché negli ultimi anni se ne sia parlato per alcune
mostre e interventi di critici come quello di Vittorio Sgarbi. I suoi
acquerelli, composti tra il 1943 e il 1970, popolati da figure
bizzarre quali elfi, ninfe, folletti ed altre creature di un mondo
fatato che sembra uscito dalle favole dei Grimm, tardarono a giungere
al grande pubblico per volontà dello stesso artista, che li custodì
in quella villa, oggi sede della Fondazione che reca il suo cognome,
a Capo d’Orlando, e in cui visse gran parte della sua vita, assieme
al fratello Lucio e alla sorella Agata Giovanna, grande esperta di
botanica.
Adesso
un gustoso ritratto di questo eccentrico esponente di un mondo
scomparso, studioso appassionato di esoterismo, ci viene riproposto,
sotto forma di breve racconto, accompagnato da una testimonianza
inedita e da alcune fotografie, da Giuseppe Ruggeri, nelle trentadue
pagine che compongono “I segreti di Casimiro Piccolo” (Giambra
2019), con il significativo sottotitolo di “Viaggio nell’universo
incantato dell’ultimo barone di Calanovella”.
Il
lettore di questo testo potrebbe obiettare che si tratta certo di un
percorso troppo rapido per poterne far nascere un’immagine a
tuttotondo di Casimiro Piccolo.
E
certamente così è, perché di fronte alla descrizione della natura
notturna nella quale s’inquadra il leitmotiv
dell’incontro fantastico tra l’autore-personaggio e il barone;
davanti a quella sonora armonia creatasi nell’autore-personaggio
tra l’ambiente e l’ascolto dei suoi fruscii, mentre lo sguardo
scivola “verso il mare scintillante sotto i raggi lunari”, si è
portati a desiderare che nasca qualcosa di più di quello che è poi
un breve colloquio che può dare proprio la sensazione di qualcosa
d’incompiuto.
Ma,
d’altra parte, crediamo che l’intento dell’autore non sia stato
affatto quello di fornire un ritratto preciso di Casimiro Piccolo, al
quale per questo sarebbe necessario dedicare (e lo si è fatto)
corposi articoli e interi saggi, ma soltanto un profilo evocativo.
Ruggeri,
in sostanza, ha voluto dare, appunto con una vera e propria
evocazione fantastica, un’idea di quest’uomo fuori dal comune e
della sua arte popolata di magiche figure, che lo stesso Casimiro
indicava quale risultato di veri e propri incontri incantati,
immagine di un mondo nello stesso tempo visionario e reale, geniale
specchio del suo percorso di vita.
Leggendo
questo libriccino, del resto, è sicuramente possibile
all’inconsapevole lettore, associando alla lettura del racconto
l’inedita testimonianza ad esso allegata, scoprire il Casimiro
Piccolo acquerellista, fotografo ed esoterista; senza che con questo,
Ruggeri intenda certo esaurire l’esame dell’esistenza, a dir poco
stravagante, di lui, che visse, col fratello e la sorella,
nell’esilio dorato scelto per essi dalla loro maman,
dopo la fuga a Sanremo del
barone-padre per amore di una ballerina: in seguito a quest’evento,
per l’intera famiglia, centro di tutto diventerà l’isolamento in
quella villa magica delle loro estati.
Per
loro, non c’era bisogno di altri in un luogo già pieno di
fantasmi: ai cani e ai gatti per i quali la famiglia allestì un vero
e proprio cimitero, si aggiungevano, forse, anche gli antichi
abitanti dei precedenti insediamenti sulla collina.
Perché
stupirsi allora delle fantastiche creature del pennello di Casimiro?
Egli,
che dormiva di giorno e viveva la vita di notte (da qui l’incontro
con l’autore del racconto), le incontrava addentrandosi in quello
straordinario giardino e, superando la banalità del visibile, ne
fece la popolazione di un mondo segreto riservato solo a pochi.
Se
mai, dovremmo meravigliarci che ancora nessuno abbia pensato a
scrivere un romanzo su sua sorella Agata Giovanna, che non passò mai
lo Stretto di Messina e, semplicemente comprando i semi per
corrispondenza, diede vita, intorno alla villa, ad un giardino
botanico vero e proprio.
Intanto,
i tre fratelli, che, in un certo senso, non fecero che continuare in
quella villa, resa proprio da loro incantata, la propria infanzia con
altri mezzi (Agata con le piante, Lucio con le parole, Casimiro con i
colori), continuano a sorprenderci e dobbiamo a Giuseppe Ruggeri aver
riportato su uno di essi, con la semplicità complicata di un sogno,
la nostra attenzione.
Felice Irrera
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